Cuori dolci e piedi nel fango: un’avventura meravigliosa!

di D.C.

Anni fa, per una mera casualità, un book fotografico sulla Valle di Comino preso distrattamente dalla libreria di un amico e sfogliato ancor più distrattamente tra una chiacchiera e l’altra, Roberto si trovò a tu per tu con la foto di un massiccio ariete con quattro corna; un particolare che a tanti non avrebbe detto nulla, ma che subito catturò tutta l’attenzione di Roberto. 

Inizialmentye pensò ad un fotomontaggio, sapeva di essere ferrato sull’argomento e di pecore con 4 corna, ciociare oltretutto, non ne aveva mai sentito parlare, ma la domanda che gli sovennne immediatamente dopo fu: perché prendersi la briga di aggiungere due corna ad un ariete già di per sé ben dotato? Mise da parte le sue convinzioni e decise di approfondire l’argomento. Alla prima connessione Internet digitò “pecora con quattro corna” per scoprire che l’Arsial aveva reso pubblica una lista di animali autoctoni del Lazio a rischio estinzione e tra questi figurava proprio la pecora in questione, definita, chiara e semplice: Pecora Quadricorna.

La passione cresce e il mero interesse si trasforma in un cruccio. Inizia una lunga fase di ricerca tra i monti e le valli ciociare: allevamenti, pascoli e sì, macellerie.

Roberto era ben consapevole che si trattava di un animale a rischio estinzione, ma questo in particolare lasciava pensare più che altro a qualche animale fantastico, poiché, aldilà di qualche raro avvistamento, qui di pecore quadricorna non ve n’era traccia, ma soprattutto tra pastori e agricoltori, nessuno capiva cosa Roberto andasse a cercare di preciso.

Uno dei primi strumenti per riuscire nel suo scopo fu quello di trovare il nome dialettale del dotato ovino e, una volta ottenuto, diverse strade si aprirono.

In dialetto ciociaro la Pecora Quadricorna è detta “Cifra”, nome probabilmente derivato da “Lucifero”. Un appellativo poco decoroso e forse determinato dalla quantità e qualità di corna che l’animale presenta, ma anche da una ragione oltremodo pratica. Per i pastori le corna costituiscono un problema del diavolo: gli animali si feriscono più facilmente, s’incastrano tra loro e nelle staccionate, possono risultare più pericolosi per chi li alleva, per questo nel tempo la selezione dei capi ha cercato di eliminare il problema alla radice, lasciando praticamente estinguere la razza.

Tra lunghe ed estenuanti ricerche, piccoli successi e grandi delusioni, Roberto riesce ad acquistare alcuni capi, il primo embrione del futuro Gallo Larino. Passa qualche tempo e durante un’edizione della Fiera Roma Cavalli, dove era presente per mostrare un altro esempio di recupero: il portentoso Pony d’Esperia, incontra Cesare Veloccia, veterinario, possessore di alcuni capi di pecore quadricorna.

In alto la famigerata foto dell’ariete in Valle di Comino; qui un caro amico di Arpino con una Pecora Quadricorna in una foto degli anni 60; sotto Roberto, Cesare ed Elvis.

Cesare in questa storia del recupero di animali autoctoni già ci stava dentro con tutti e due gli stivali, era infatti uno dei veterinari che collaboravano con l’Arsial per monitorare le specie a rischio.

Intendiamoci, queste non sono persone facili. In un’epoca in cui si sono riaccese le passioni per il mondo agricolo, gremita di parvenu che ne esaltano lo stile di vita, ma hanno paura di sporcarsi le scarpe di fango, essere prevenuti è piuttosto normale; quando poi si tratta di un tema tanto delicato come quello dell’estinzione, le chiusure, i sospetti, i dubbi e le paure nei confronti del prossimo, sono oltremodo doverose. Allo stato in cui si trovava la razza al tempo, una semplice cazzata ne avrebbe seriamente compromesso la sopravvivenza.

I due s’annusano, si studiano, pur essendo due individui fuori dal comune, hanno interessi e passioni comuni, scoprono di parlare la stessa lingua e si piacciono. Al fine di perpetuare la razza della Pecora Quadricorna decidono di unire i due piccoli greggi: nasce il Gallo Larino.

Questa la storia per come viene raccontata dalle nostre parti, i fatti, le cose, in realtà sono molto più complessi e articolati, in alcuni casi passibili di denuncia, ma sempre con un obbiettivo chiaro in mente: salvare una razza dall’estinzione.

Dalle poche pecore con cui hanno iniziato, oggi, dopo quasi 15 anni, il gregge conta oltre 40 capi e si tratta del più numeroso allevamento di Pecore Quadricorna presente al mondo. Oltre ai simpatici ovini la loro passione li ha portati ad estendere l’attività di recupero nei confronti di altri animali autoctoni, come l’Asino Nero dei Monti Lepini, la cui situazione è ancora più critica rispetto le Cifre (se ne contano circa 25 esemplari di cui 13 presso il Gallo Larino) e la Gallina Ancona, un animale che per la sua storia porta il Gallo Larino verso riflessioni su questioni economiche e sociali, legate alla sicurezza, rintracciabilità e qualità degli alimenti che consumiamo. L’attività di recupero si estende quindi verso specie avicole non propriamente autoctone, colombi in particolare, ma comunque a rischio estinzione, e da poco è entrato nel gruppo Biagio, uno splendido esemplare di Capra Bianca Monticellana.

L’impegno di Roberto e Cesare ha prodotto anche una discreta quantità di materiale documentale riguardo la storia e le caratteristiche degli animali allevati. Gran parte delle loro ricerche sulla Pecora Quadricorna costituiscono i documenti utilizzati dall’Arsial per la classificazione e la salvaguardia dell’animale, mentre diverse Università hanno dimostrato un concreto interesse, puramente scientifico, verso il loro allevamento.

Volete saperne di più? Non resta che andarli a trovare.